Processo trattativa Stato-mafia, Napolitano ai giudici di Palermo: «Pronto a testimoniare»

Lettera al presidente del tribunale: «Ben lieto di dare un utile contributo all’accertamento della verità»La testimonianza del capo dello Stato nell’ambito del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia ci sarà. Grazie alla collaborazione con i giudici manifestata apertamente dallo stesso Giorgio Napolitano. Giorgio Napolitano (Ansa)

LA LETTERA – Il presidente della Repubblica ha infatti indirizzato una lettera al presidente della Corte d’assise di Palermo con la quale ha sottolineato che «sarebbe ben lieto di dare, ove ne fosse in grado, un utile contributo all’accertamento della verità processuale, indipendentemente dalle riserve sulla costituzionalità dell’art. 205, comma 1, del codice di procedura penale espresse dai suoi predecessori. Il presidente ha nello stesso tempo esposto alla Corte i limiti delle sue reali conoscenze in relazione al capitolo di prova testimoniale ammesso». È quanto si legge in una nota del Quirinale. <br /> LA VICENDA – Lo scorso 17 ottobre la corte d’assise palermitana ha ammesso la richiesta della procura di Palermo di citare a deporre come testimone Napolitano, ma con alcuni limiti. Il capo dello Stato figura nella lista dei testi della Procura, che intende sentirlo sui colloqui tra l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino e l’ex consigliere giuridico del Quirinale, Loris D’Ambrosio, poi deceduto a seguito di un infarto. La stessa corte, però, ha stabilito che la testimonianza del presidente dovrà avvenire «nei soli limiti della conoscenza del teste che potrebbero esulare dalla funzioni presidenziali e dalla riservatezza del ruolo», come disposto dalla Corte costituzionale nella sentenza in cui aveva accolto la richiesta di Napolitano di distruggere le intercettazioni delle sue conversazioni telefoniche con Mancino. Di queste intercettazioni non si parlerà nel processo. La Corte ha ammesso la testimonianza di altre persone tra cui l’attuale presidente del Senato Piero Grasso, in quanto ex magistrato alla procura di Palermo. I pm che hanno portato al processo Mancino e altri imputati, tra cui diversi mafiosi, sostengono che una presunta trattativa sarebbe stata intavolata con i capi di Cosa nostra da esponenti istituzionali per evitare il ricorso alla violenza, dopo l’attentato contro il giudice Giovanni Falcone nella primavera del 1992. Ma pochi mesi dopo fu ucciso in un altro attentato anche il magistrato Paolo Borsellino, e nei primi mesi del 1993 ci furono altre esplosioni, attribuite alla mafia, che provocarono vittime a Milano e Firenze. Proprio nelle motivazioni della condanna in primo grado per l’attentato di Firenze del boss Francesco Tagliavia, i giudici fiorentini hanno scritto che la trattativa avvenne realmente, ma che è invece infondata l’ipotesi che Forza Italia, il partito di Silvio Berlusconi, avesse appoggiato la mafia e fosse tra i mandanti delle stragi.

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